Felice Truffa

26 febbraio 2018


L'amaro destino


 

Un artista dall'incredibile talento che a causa di un destino avverso è rimato quasi sconosciuto nel mondo dell'arte. Questa è la triste storia di Felice Truffa, spentosi troppo precocemente per poter ambire ad un ruolo primario e guadagnarsi la fama come pittore.

Ultimo di cinque figli, nasce a Candia Lomellina il 12 settembre 1871.
Iscrittosi all'Accademia Albertina nel 1888, abbandona i corsi dopo appena un semestre, giudicando l'ambiente torinese troppo chiuso e legato alle proprie austere tradizioni, con un approccio all'arte statico, conservatore e poco incline al cambiamento.
A determinare la svolta artistica fu invece il trasferimento a Firenze nel 1891. Qui inizia a frequentare la Scuola Libera di nudo presso l'Accademia fiorentina, divenendo soprattutto allievo di Giovanni Fattori.
In un ambiente carico di fermento, stringe amicizie con alcuni dei più grandi nomi di quel periodo, in particolare con quei divisionisti che stavano iniziando ad acquisire notorietà. Fra questi Giuseppe Pellizza, con cui sarà compagno di corso e che diverrà suo grande amico nel corso degli anni a venire. Oltre al genio di Volpedo, anche Arturo Tosi e Plinio Nomellini, senza scordare Angelo Morbelli (conosciuto presumibilmente prima del trasferimento a Firenze), con cui intraprenderà una stretta corrispondenza epistolare e da cui riceverà sempre parole di stima. Dai rapporti avuti emergono motivi di grande interesse verso quelle posizioni che, allora, apparivano di assoluta avanguardia. Nella vicenda che accumunava i due pittori, si parlava con grande fervore dei problemi direttamente interessati alla natura e alla qualità del colore e della luce, ma anche di ciò che poteva essere la pittura stessa in rapporto ai problemi della società.

Nel giugno dello stesso anno si reca a Cecina per dipingere i panorami della Maremma ed è proprio qui che contrae la malattia. Stanco e continuamente colpito dalle febbri malariche, nella primavera del 1894 decide di tornare al paese natale. In questo periodo continua a dipingere, seppur di rado.
I rapporti epistolari con Pellizza, Tosi e Morbelli sono ancora frequenti, e lo stesso Pellizza si reca in visita a Candia il 6 novembre.
Ma le speranze di una completa guarigione sono vane, il 17 febbraio del 1895 Felice Truffa si spegne a soli ventitré anni consumato dalla malattia.

 

"Il suo nome fu dimenticato e su di esso si posò la polvere del tempo."

 

Com'è purtroppo inevitabile, i pochi anni vissuti dal Truffa non gli permisero che di proporre e accennare, nel limitato numero di quadri che produsse , quanto potenzialmente era in lui, nel suo pensiero, nella sua attenzione di idee destinate a sfociare in un discorso pittorico. E' per questo che la sua personalità merita più ampia rivalutazione artistica, al fine di riportare alla luce non solo le opere ancora reperibili, ma soprattutto i significati ch'esse si proponevano e quei valori ancora in gran parte embrionali che avrebbero potuto far riconoscere in lui uno tra i più coraggiosi esponenti di una particolarissima avanguardia in aperta lotta contro i limiti e le convenzioni della mentalità provinciale che aduggiava l'intera cultura italiana di quel tempo.

 

A ricordo del suo grande talento, ecco le parole espresse da Giuseppe Pelizza in seguito alla sua morte, in una lettera inviata al Sig. Cisari, amico della famiglia Truffa:
"...morire sì, ma almeno dopo aver lasciato qualche opera che rimanga ad attestare la forza del nostro ingegno! E tale opera l'amico nostro l'avrebbe fatta certamente poiché aveva animo d'artista vero. Come lei io lo conobbi da davvicino e apprezzai tutte le sue doti..."
(Volpedo, 24 febbraio 1895)

 

 

Bibliografia:
Giuseppe Castelli, Felice Truffa – Il Maestro del Colore di Candia Lom., 1997
AA.VV., Pittori Lomellini (1800-1900), 1984

 

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