I vetri di Sottsass per Vistosi

04 aprile 2019


Primo viaggio nel mondo di Murano


Inizio anni ’70.
La carriera di Ettore Sottsass jr. è affermata da tempo nel mondo design. Ha vinto un compasso d’oro e i suoi lavori per Olivetti e Poltronova sono già diventati dei classici.
Tuttavia la sua esperienza nel mondo del vetro è ancora acerba.
Luciano Vistosi, a capo della storica fornace muranese, gli chiede di disegnare degli oggetti. Quello che ne scaturisce è la prima grande collezione di vetri soffiati ideati dal maestro: 10 opere riprodotte in serie limitata di 250 esemplari.

Di seguito riportiamo le parole dell’artista, caratterizzate da quella vena poetica e stravagante che ha delineato la sua lunga carriera e che, meglio di qualunque altro, ci danno un resoconto della sua prima produzione muranese.

 

 

Naturalmente io so poche cose del vetro dato che c’è gente che va avanti e indietro tra Venezia e Murano col vaporetto tutti i giorni (passando davanti all’isola col cimitero) e io no. Io a Murano ci sono andato soltanto cinque o sei volte. Quando, due anni fa, mi hanno detto: “Ci disegni dei vetri?” c’ero andato soltanto due delle sei volte; quando poi ho fatto i disegni – dei venti o trenta che erano – ne hanno scelti dieci e degli altri, mi hanno detto con decisione: “Non si possono fare”.
Anche per quei dieci poi, hanno fatto tutto loro; voglio dire quelli che tirano fuori il vetro dal forno e lo soffiano con quelle lunghe, lunghe canne (che suonano musica soffocata) e lo girano, lo tirano, lo allungano, lo schiacciano, o tagliano. Sono in tre o quattro e si muovono con pantofole silenziose, con gesti senza parole, secondo una specie di rituale notturno senza voce, per concentrare l’evento incerto e improvviso.
Tipo Zen.
Quest’evento l’ho visto: dal molle viene fuori il fragile, dal fuoco viene fuori il colore, dal bagliore viene fuori la trasparenza.
Che ne so, è tutto molto strano. Se non c’erano loro, avevo voglia di fare disegni di utopie, di immaginare oggetti per situazioni speciali, di immaginarmi addirittura, magari, un mondo nel quale qualche oggetto potesse diventare, forse, catalizzatore di consapevolezze invece che, soltanto, catalizzatore della paranoia del consumo eccetera...
Alla fine, è risultato che questi oggetti di vetro li hanno fatti loro. Io ho fatto i disegni e loro gli oggetti: alla fine resta che i disegni appartengono a me e gli oggetti li hanno fatti loro, come dire che quando si tratta di meccanismi dove il lavoro manuale e mentale è molto sofisticato e speciale e dove è necessario applicare molta cura e partecipazione per ottenere qualche cosa di reale, allora sono la cura e la partecipazione a espandersi in vibrazioni, vibrazioni, vibrazioni intorno, e non c’è altro...
I miei disegni esistono, su carta fragile che, lo so, ingiallisce piano piano e i colori sbiadiranno nelle stagioni.
I vetri esistono; li hanno fatti loro, uomini gentili e , lo so, uno dietro l’altro, nelle stagioni, i vetri si romperanno.

 

Ettore Sottsass jr.